Insieme, si può!
È QUESTIONE DI TEMPO
Nella vita del Miotonico il tempo non è un fattore rilevante e di conseguenza tutto ciò che è legato al tempo stesso passa in secondo piano o assume forme diverse. La parola “fretta” o quella “ritardo” non fanno parte del suo vocabolario. Il Miotonico ha compreso bene che è inutile entrare in competizione con le lancette di un orologio; meglio ignorarle, non considerarle.
Fin dal mattino, nel momento in cui apre gli occhi, il miotonico ha un rapporto con la sveglia intimo, rilassato, sereno. Il suono è amichevole, discreto e sembra dire: è ora di alzarsi, ma se vuoi restare a letto altri cinque minuti fai pure. Questo perché ogni giorno il Miotonico torna alla vita come se uscisse dal letargo e il pigiama cha ha in dosso è sempre troppo pesante e stretto. Anche il primo sbadiglio è lungo e prolungato e avventurarsi in una stirata di braccia, significa rimanere in posa in quello scatto fotografico per una manciata di minuti. Così come andare in bagno, il lavarsi, il vestirsi, sono dei cerimoniali che hanno i loro tempi e le loro regole precise.
Per chi come me dorme al piano inferiore, le scale per andare in cucina sono la prima, grande e impegnativa prova della giornata. I primi gradini sono da incubo, perché le gambe non hanno il tempo di rilassarsi che già arriva il secondo gradino e poi ecco quello successivo.
Ho spesso usato la frase: la miotonia è colla sui muscoli, per spiegare cosa si prova a essere miotonici, ma è una colla strana quella che ci avvinghia, perché non è resistente al nostro sforzo e quindi, già dopo il quarto gradino, la senti che molla la presa, che evapora; le gambe tornano libere e si riesce quasi a salire come la gente comune.
Da bambino pensavo che la miotonia era un alieno che aveva catturato il mio corpo e con cui dovevo sempre lottare per liberarmi. Un essere vivente con un proprio pensiero, che qualche volta si addormentava e non mi dava fastidio perché mi lasciava libero di correre e saltare; il brutto è che poi “la bestia” si svegliava all’improvviso e allora ecco che le gambe, le braccia o il collo diventavano subito dei pezzi di legno. Certe volte invece la bestia si divertiva a impadronirsi della mia lingua e mi faceva parlare come avessi una pallina da ping pong in bocca.
Un semplice starnuto e gli occhi restavano chiusi per alcuni secondi; poi lentamente si riaprivano, come quei molluschi marini che, dopo lo scampato pericolo, tornano alla vita.
Io con la miotonia ci sono nato e il mio corpo negli anni si è adattato alla malattia: i miei muscoli sono molto sviluppati perché sanno che devono “lavorare” di più e il mio cervello non crea troppi problemi quando gli occhi si incrociano e le immagini diventano doppie.
Il periodo più difficile, per un miotonico, è l’adolescenza, perché senti che in te c’è qualcosa che non va e gli amici cominciano a farti domande. I ragazzi in questa età vivono in branco, si mimetizzano fra di loro e non amano il sentirsi diversi.
La diversità per un adolescente è emarginazione, ci si sente inadeguati, i gruppi sono chiusi e per farne parte devi avere qualcosa in più degli altri, non qualcosa in meno.
Se poi si pensa che tra i giovani è proprio lo sport un veicolo di grande aggregazione ecco che la frittata è fatta. Lo sport… Dio mio… per me è stato un incubo.
Non c’era attività sportiva che poteva salvarmi, forse la playstation o i giochi di società, ma non credo possano essere considerati dei veri e propri sport.
Arrivati alla maturità ecco che per me tutto è cambiato: la “bestia” finalmente ha un nome: si chiama “miotonia” e ora addirittura vengo a sapere che ci sono anche varie forme di questa malattia. Scopro il perché questi benedetti muscoli sono rallentati e che tutto è causato dalle membrane cellulari che non sono come dovrebbero essere. Le membrane di una cellula… così piccole e pure hanno creato tutto questo casino.
E ho scoperto anche che c’è un farmaco, la Mexiletina, che per qualche miracolosa reazione chimica può renderti libero. Con la Mexiletina si provano emozioni e sensazioni che non si possono descrivere. Prendete un uccello nato in gabbia e liberatelo: questo è per il Miotonico questo farmaco.
Non importa al Miotonico sapere se poi avrà conseguenze o meno sul resto del corpo; nella vita bisogna fare delle scelte: si può vivere da criceti con cibo e acqua assicurati e ogni tanto girare nella ruota o decidere di uscire dalla gabbia e andare a scoprire il mondo, con la consapevolezza che il cibo bisognerà trovarlo e dietro l’angolo ci potrà essere un gatto. Ma questo discorso non vale solo per i miotonici, questa è una delle regole della vita.
Emanuele Fantozzi, M.I.A. Onlus