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CONFRONTARSI PER COMBATTERE LA SOLITUDINE
Quando Thomsen descrisse la miotonia immaginò una correlazione con lo sviluppo di psicosi, sulla base della propria anamnesi familiare¹. Tale correlazione è fortunatamente stata smentita in letteratura, ma non rende la diagnosi di miotonia scevra da altre implicazioni di tipo psicopatologico. Qualsiasi diagnosi di malattia cronica, che limita la qualità di vita, può configurarsi, nella psiche di chi ne è affetto, come evento traumatico, tale da esercitare un ruolo rilevante nello sviluppo del carattere e della personalità dell’individuo. Il mondo delle malattie miotoniche non distrofiche, in particolare, presenta delle caratteristiche peculiari, che pervadono la psiche di chi ne è affetto in ogni fase di vita.
Le miotonie non distrofiche hanno alcune caratteristiche peculiari: il contrasto tra sintomi fisici particolarmente evidenti e un fenotipo, agli occhi di un profano, assolutamente sano; il contrasto fra movimenti iniziali estremamente goffi e poi, con il warm-up, gradualmente sempre più fisiologici, sino a raggiungere prestazioni fisiche assimilabili a quelle di una persona sana. Questi elementi, unitamente alla rarità della malattia, rendono estremamente difficile la comprensione della miotonia e delle sue conseguenze a chi non ne è affetto.
La persona affetta, oltre ad avvertire di non poter essere compreso del tutto, può anche passare per menzognero, simulatore, teatrale. Per proteggersi da tutto ciò, chi è affetto da miotonia mette in atto delle condotte di evitamento del rischio e mistificazione della realtà. Il rischio, in questo caso, è rappresentato dalle situazioni in cui le limitazioni fisiche della miotonia potrebbero emergere, causando nella persona sentimenti di umiliazione e imbarazzo. Le condotte di evitamento saranno appunto volte ad evitare tali situazioni. Per mistificazione della realtà, invece, si intende la ricerca di motivazioni false, veri e propri alibi (ad es. un infortunio), per spiegare episodi imbarazzanti e movimenti goffi qualora dinanzi a persone ignare. Ne consegue che il paziente miotonico vive costantemente come se avesse qualcosa da nascondere, sviluppando uno stato di ipervigilanza costante e un importante isolamento sociale ed emotivo. Il fenomeno miotonico non è un sintomo isolato, ma spesso si accompagna a fatica e dolori cronici; questi elementi e la riduzione della qualità della vita che ne consegue sono già stati associati, in letteratura, a sviluppo di sintomi depressivi.
Impatto degli aspetti psicologici sulla miotonia
Abbiamo parlato di come la miotonia condizioni la vita psichica di chi ne è affetto. È interessante tuttavia notare come la relazione tra vita affettiva e miotonia sia bidirezionale: esistono evidenze in letteratura che dimostrano che stati emozionali ed ansiosi forti peggiorano la sintomatologia miotonica. Alla luce di ciò, interventi di supporto psicologico e tecniche di rilassamento potrebbero aiutare a migliorare la qualità della vita del paziente².
Dal punto di vista psicofarmacologico non esistono studi che correlano il trattamento dei sintomi psichiatrici a quello della miotonia. Sulla base di quanto detto prima e a livello prettamente speculativo, tuttavia, possiamo immaginare che una corretta gestione anche farmacologica della sintomatologia ansiosa, qualora necessaria, migliori anche la sintomatologia miotonica e di conseguenza la qualità di vita del paziente.
Limitazioni reali o limitazioni autoimposte?
Da quanto detto finora, emerge come gran parte della “psicopatologia” associata alla miotonia dipenda dal ruolo esercitato dalla società, dagli altri. Ciò è inevitabile, in quanto la psiche di una persona, in tutte le sue componenti, si sviluppa in relazione all’ambiente che la circonda. Allo stesso tempo è però importante che non si crei confusione fra ciò che il paziente miotonico è effettivamente impossibilitato a fare e ciò che invece evita di fare solo per non esporsi, in tutta la sua fragilità, al mondo esterno. Se, con un’adeguata rete sociale, familiare e, qualora necessario, con un adeguato supporto psicologico, il paziente miotonico riesce a raggiungere l’accettazione della propria condizione e a liberarsi da ogni forma di imbarazzo ed inibizione sociale, potrebbe accorgersi che in realtà le limitazioni dategli dalla malattia sono assai inferiori di quanto immagini. Con i propri tempi e a modo suo, la persona affetta da miotonia non distrofica è in grado di lavorare, fare sport, costruirsi una famiglia e una vita assolutamente normali. Inoltre, sviluppare le risorse necessarie ad affrontare una condizione di questo tipo implica un importante rinforzo della resilienza (la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà). In tal modo il paziente miotonico diventa, paradossalmente, più resiliente ed in grado di affrontare eventi di vita stressanti rispetto ad una persona sana.
La persona miotonica combatte per tutta la vita contro sentimenti di inferiorità e autosvalutazione, soffre d’ansia, si sente solo ed incompreso. Spesso però, l’isolamento sociale ed emotivo rappresentano il primo ostacolo all’ottenimento di un conforto da parte di familiari ed affetti. La rarità della patologia impone una grande apertura da parte del paziente a spiegarne caratteristiche e conseguenze sulla vita quotidiana, talora anche con ridondanza, in maniera tale da rafforzare la comprensione di chi non ne è affetto. Al contempo egli deve accettare che una comprensione completa della propria quotidianità è pressoché impossibile ad un esterno e, quindi, “perdonare” eventuali “gaffe” da parte di chi, in buona fede, sembra non capire. D’altro canto, il confronto con altre persone affette potrebbe essere un mezzo valido per combattere il sentimento di solitudine e condividere esperienze, paure e speranze con chi sia in grado di capire fino in fondo.
Una rete sociale e familiare adeguata intorno alla persona consente di fornirgli le risorse giuste per affrontare la malattia e scoprire che, per quanto non trascurabili, le limitazioni causate dalla miotonia non rappresentano degli ostacoli insormontabili alla propria auto-realizzazione.
1 Johnson, «Myotonia Congenita (Thomsen’s Disease) and Hereditary Psychosis»
2 Lossin e George, «Myotonia Confenita»
Dr. Antonio Restaino, Specialista in formazione
restainoantonio11@gmail.com