Insieme, si può!


IL MIO PRIMO INCONTRO CON LA MIOTONIA

UNA NUOVAATTENZIONE PER IL MIO CORPO

Miotonia è … correre per prendere il solito treno che ti porterà a Roma in una normale giornata di lavoro e, improvvisamente, senti il quadricipite costretto in una morsa mentre cerchi di salire il primo gradino del treno. Non c’è dolore, ma solo una contrazione muscolare, prolungata e persistente, che ti rende difficile piegare l’altra gamba per procedere con il passo successivo e salire il secondo gradino.
Avevo 27 anni e questo è stato il mio primo incontro con quella malattia neuromuscolare, al tempo a me del tutto sconosciuta, che avrebbe poi preso il nome di miotonia. Sempre attenta a ogni segnale che il mio corpo mi mandava (ero appena all’inizio del mio periodo ipocondriaco!), in quel momento ho registrato il sintomo, ma non potevo certo soffermarmi troppo a pensarci. Nell’aria era ormai palpabile la pressione delle persone che si erano accalcate dietro di me. Dovevo assolutamente salire il secondo gradino e prendere quel treno. Con un po’ di fortuna, e altrettanta calma e sangue freddo, in una manciata di secondi si è allentata la morsa, i miei muscoli hanno cominciato a rilassarsi e la tensione muscolare che inizialmente mi aveva bloccata, pian piano, si è dissolta.
Ho preso altri treni e salito altri gradini, il sintomo si è ripresentato e, a quel punto, non potevo certo ignorarlo. La mia attenzione era ormai tutta focalizzata sulle manifestazioni del mio corpo (il mio periodo ipocondriaco era ormai al suo massimo storico!). A quel primo sintomo, se ne sono presto aggiunti altri, come piccoli crampi e spasmi, che sentivo soprattutto di notte alle gambe. A quel punto, non mi sfuggiva più nulla. In brevissimo tempo, la mia attenzione verso ciò che il mio corpo mi segnalava si è trasformata in una grande preoccupazione: “E se avessi qualche malattia grave?”.
Non ho mai fatto lo struzzo! Quindi, non appena questi pensieri hanno cominciato ad affollare la mia testa e a soggiornarvi per tempi sempre più lunghi, ho capito che avevo bisogno di aiuto – grata al mio medico di famiglia che non ha sottovalutato i resoconti (a questo punto fin troppo particolareggiati!) dei miei sintomi e mi ha prescritto una visita neurologica.
Fino ad allora, non avevo mai avuto a che fare con un neurologo. In quel periodo, abitando a Santa Marinella, vengo indirizzata all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. I sintomi che percepivo sono per il neurologo chiari segni clinici che richiedono approfondimenti strumentali per fare una diagnosi. Ed è a questo punto che vengo inviata dal Dott. Lo Monaco presso il “Policlinico Agostino Gemelli” per essere sottoposta ad elettromiografia.
Quando un neurologo ti invia da un altro neurologo perché “ancor più specialista”, cosa pensi? A questo, aggiungi poi un esame diagnostico di cui, inizialmente, ignori le finalità e non sai dove ti condurrà. Tensione e ansia salgono. Confidando negli effetti benefici della conoscenza, provo a googlare “elettromiografia” e quello spazio vuoto di vocabolario si riempie subito di significato. Ma l’effetto sortito non è proprio quello sperato. Il mio primo pensiero a questo punto? “Forse è più grave di quanto sembra!”. E non avevo ancora iniziato!
La verità è che, in quel momento, a causa della mia giovane età, della totale mancanza di conoscenza in materia e, soprattutto, della mia ipersensibilità all’argomento “salute” di quel periodo, mi sono trovata davanti una montagna da scalare. Stavo vivendo questa situazione con estrema apprensione. In alcuni momenti, non riuscivo più a distinguere tra quelli che potevano essere i segni della malattia ancora da scoprire e i sintomi fisici che erano una chiara conseguenza dello stato ansioso in cui ero piombata.
L’ansia è un ospite indesiderato che, nel mio caso, ha fatto ingresso nella mia vita con prepotenza proprio nel momento in cui ho incontrato la miotonia. Non so se sia arrivata prima l’ansia o la miotonia, ma posso affermare che per un lungo periodo della mia vita si sono fatte buona compagnia. Dopo l’iniziale timore che ogni primo incontro può mettere addosso come conseguenza dell’ignoto e del nuovo che porta con sé, ho iniziato il mio percorso verso la diagnosi di miotonia. Come previsto dal protocollo, ho fatto tutti gli esami e le indagini necessarie. E, ancor più, come spesso ci richiede la vita, ho guardato in faccia la malattia, imparando (fortunatamente) a dare il giusto peso alle mie (grandi) paure e ai miei (innumerevoli) dubbi. Percorrere il primo tratto di strada da sola nell’incertezza della malattia non è stata una passeggiata, e sono convinta che essere capitata nel posto giusto e, soprattutto, essermi trovata nelle mani giuste abbiano fatto la differenza. Guardandomi indietro, infatti, posso affermare che arrivare alla diagnosi di miotonia non è stato un processo né lungo né tortuoso e, ancor più importante, fare diagnosi non ha significato la fine del percorso, bensì l’inizio di un nuovo tratto di strada, da percorrere non più da sola ma insieme ad altri che, come me, salgono e scendono ogni giorno dal treno della vita.
Con immensa gratitudine a tutti coloro che ho incontrato lungo la strada perché… Insieme si può!

Pamela Caporossi, M.I.A. Onlus